pugaciov
2006-01-16 19:01:11 UTC
interesting stuff...
-------- Original Message --------
L'articolo che segue appare sul numero in uscita (febbraio 2005) de LA
VOCE del Gruppo Atei Materialisti Dialettici
----------------
Questioni della Scienza
a cura di A. Martocchia
CRESCITA, SVILUPPO, E DISONESTÀ INTELLETTUALE
In questa rubrica, nel numero di Novembre 2005, veniva pubblicata una
Lettera ("Crescita e sviluppo, due concetti diversi") che il
sottoscritto aveva inviato a Liberazione (organo del PRC) come
intervento nel dibattito in corso sull'ecologismo. Essa toccava nel
vivo di problemi scottanti, quale quello del rapporto con la grande
borghesia imprenditoriale e con la sua ideologia; essa cercava inoltre
di discriminare, nel patrimonio di idee dell'ecologismo, tra cose utili
e cose inutili per la sinistra. Dicevamo infatti: hanno ragione solo
quelli che, tra gli ambientalisti, sono materialisti; essi hanno
ragione perché, come ha ben spiegato Emiliano Brancaccio, "hanno
compreso, prima e meglio di tutti, che lo sviluppo illimitato del
capitale si inscrive in un orizzonte naturale finito, e che già da
tempo si avvertono i primi, devastanti segnali di impatto tra la
meccanica pervasiva dell'accumulazione capitalistica e i confini
insuperabili del sistema naturale" , al punto che "la plausibilità di
una apocalisse ambientale [è] ormai un dato scientifico
incontrovertibile". Un ragionamento analogo veniva recentemente
sviluppato, con molta serietà, dallo studioso John Bellamy Foster sulla
rivista storica del marxismo statunitense "Monthly Review"
("Organizzare la rivoluzione ecologica" - si veda:
http://www.monthlyreview.org/1005jbf.htm ).
La suddetta Lettera a Liberazione non è mai stata pubblicata. La
ragione è semplice: la linea di maggioranza nel PRC aborrisce
l'ambientalismo marxista, e gli preferisce un ambientalismo idealista,
utopista, da mito del "buon selvaggio", antiprogressista - insomma:
l'ambientalismo reazionario. Certi intellettuali di o vicini a
Rifondazione non sono nemmeno coscienti, io credo, della sbandata
ideologica in cui sono incorsi, e delle sue pesanti implicazioni; altri
- Serge Latouche in testa - marxisti non lo sono stati mai (in nessuna
delle possibili accezioni del termine "marxista"), dunque il problema
per loro non sussiste oppure nemmeno lo capiscono.
Serge Latouche prova goffamente a difendersi dalle accuse che gli
rivolgiamo in un articolo apparso su Liberazione del 10/10/2005: "Ma la
decrescita è di destra o di sinistra?". L'articolo non spiega niente e
non chiarisce niente, perché è impostato male già a partire dal titolo.
Latouche gioca infatti sull'ambiguità e la confusione concettuale
purtroppo prevalente, negli ambienti vicini al PRC, rispetto a concetti
di base quali CRESCITA, SVILUPPO, PROGRESSO, e, appunto, SINISTRA.
***
Ci tocca allora puntualizzare, per l'ennesima volta su queste pagine,
alcune distinzioni concettuali da cui un qualsiasi intellettuale serio
non dovrebbe prescindere. Anche quei "marxisti" che trascurano il
Materialismo Dialettico devono tenere conto del fatto che, in un
contesto di puro e semplice Materialismo Storico, lo SVILUPPO delle
forze produttive è ciò che muove la Storia dell'umanità. Per inciso,
esso è indispensabile, secondo Marx, per creare la base materiale per
la transizione al comunismo. Seppure Marx si fosse al limite sbagliato
rispetto alla transizione al comunismo (ovvero ai suoi tempi e modi)
egli ha avuto tuttavia ragione da vendere dal punto di vista della
teoria della società, cioè rispetto allo sviluppo delle forze
produttive. Sia nel Materialismo Storico (come teoria della società)
che nel più generale Materialismo Dialettico (come teoria filosofica
generale della Natura, che comprende il Materialismo Storico come una
sua derivazione specifica), l'idea di SVILUPPO è al cuore del
ragionamento. La realtà è materiale - cioè: è una unica, tutta
immanente - ed è dialettica - ovvero: procede per contrasti ed
opposizioni, in un continuo movimento ed in un continuo superamento di
se stessa. Questo superamento ("sintesi", in senso Hegeliano) si chiama
SVILUPPO.
Peraltro, anche chi non conoscesse le teorie di Marx, Engels, e dei
loro successori, ma ritenesse comunque di essere persona di SINISTRA,
dovrebbe riconoscere che gli esseri umani vogliono vivere ed hanno
diritto a vivere sempre meglio e più a lungo, e dunque è nella loro
natura "ontologica" il fatto di elaborare sempre nuove soluzioni per i
propri problemi, ed evolvere cosí socialmente, e dunque evolvere nelle
forze produttive - cioè SVILUPPARSI. Peraltro, il fatto che qualcuno
aborrisca ulteriore SVILUPPO è del tutto irrilevante rispetto a dove
poi andrà realmente la società, e quindi la Storia umana. Seppure noi
ci "liberassimo" del concetto, non avremmo risolto, ma semplicemente
omesso, il problema.
La distinzione tra chi crede nella positività/necessità dello SVILUPPO
e chi invece vi si oppone coincide esattamente con la distinzione tra
pensiero progressista e pensiero conservatore-reazionario, ovvero -
nell'accezione più generale possibile - tra SINISTRA e DESTRA. È di
SINISTRA chi considera il cambiamento (SVILUPPO) come un fattore
indispensabile della Storia umana, ed auspica una evoluzione nel senso
(etico) del miglioramento (PROGRESSO).
Riassumendo, possiamo insomma distinguere i vari concetti nel modo
seguente. SVILUPPO indica un movimento intrinseco ed una
trasformazione. Esso può implicare o meno una CRESCITA, ovvero un
aumento quantitativo, a seconda della fase storico-sociale che ci si
trova ad analizzare: al tempo di Marx, le due cose erano accoppiate, e
lo sono ancora in molti dei paesi cosiddetti "in via di sviluppo" o in
specifici settori, ma ciò non è vero sempre ed in tutti i campi. Il
termine PROGRESSO ha invece una valenza etica, indica miglioramento:
anch'esso può esserci o non esserci a seconda della fase storica, può
andare o meno di pari passi con una CRESCITA. Infine, SINISTRA è quella
parte della opinione pubblica che auspica tale miglioramento
(PROGRESSO) attraverso il cambiamento (SVILUPPO).
La sinistra di ideologia marxista può articolare la sua critica al
sistema capitalistico, consumistico ed energivoro, responsabile delle
crisi globali e specialmente di quella, epocale, dei combustibili
fossili, criticandolo dunque per il suo MODELLO DI SVILUPPO, laddove
esso è superato e non implica più alcun PROGRESSO. La critica può
legittimamente essere rivolta al capitalismo in quanto società della
CRESCITA (accumulazione) dissennata; essa può legittimamente essere
rivolta alla CRESCITA senza condannare scioccamente lo SVILUPPO, come è
stato spiegato bene (su Le Monde Diplomatique di Luglio 2004)
nell'articolo "Sviluppo e crescita non sono necessariamente appaiati"
di Jean-Marie Harribey.
***
Latouche usa in maniera opportunistica, e concettualmente confusa, le
categorie di CRESCITA e di SVILUPPO. Su giornali e riviste della
sinistra marxista (come appunto anche nel suddetto articolo apparso su
Liberazione) egli evita furbescamente di usare la parola SVILUPPO
perché sa che rischia di incorrere nella nostra critica, cioè nella
critica dei marxisti: così, per schivare le critiche egli usa il
termine CRESCITA. Ma quando interviene in altre sedi, egli afferma
esplicitamente di essere contrario allo SVILUPPO, marcando così senza
ambiguità la sua differenza e distanza rispetto alle linee di pensiero
di derivazione marxista e progressista.
Nell'articolo suddetto, Latouche conserva tutta l'ambiguità ma non
manca, velenosamente, di scagliarsi contro Engels, che definisce
"imbevuto della concezione positivista e meccanicista della scienza"; e
poi, immancabile, attacca: "l'ecologia russa è stata letteralmente
liquidata da Stalin nei gulag siberiani". Secondo Latouche, nel
marxismo "l'economia capitalista è criticata e denunciata, ma la
crescita delle forze che essa scatena è qualificata come produttiva
(mentre è almeno altrettanto distruttiva)". L'allusione alle parole
testuali di Marx è palese, ma qui esse vengono deformate, allo scopo di
creare deliberatamente confusione tra il termine SVILUPPO ed il termine
CRESCITA, e di deformare il pensiero di Marx.
A questo punto, dopo avere distorto ed offeso il materialismo storico e
dialettico, Latouche riconosce: "esiste, è vero, una critica di destra
della modernità, come esiste un anti-utilitarismo di destra e un
anti-capitalismo di destra... Non c'è ragione, ciò nonostante, di
confondere l'antiproduttivismo di destra e l'antiproduttivismo di
sinistra." Interessante... Ma Latouche non spiega la differenza, e
contribuisce ad alimentare, volutamente, la confusione. Egli dice
infatti: "la nostra concezione della società della decrescita non è né
un impossibile ritorno al passato, né un accomodamento con il
capitalismo, ma un 'superamento' (se possibile pacifico) della
modernità." Ma perché allora non la chiama SVILUPPO ("superamento")? E
che 'superamento' sarebbe, se egli altrove teorizza idealistiche
"società senza economia"? Più che superamento, si direbbe: fuga e
chiusura in ghetti di ispirazione socialista-utopista o
comunitarista-reazionaria.
"Per me, la decrescita è necessariamente contro il capitalismo."
Eccezionale: e allora qual è la differenza tra il suo anti-capitalismo,
che definisce essere "di sinistra", e l'anticapitalismo "di destra"?
Non lo spiega: prosegue con attacchi contro esponenti "politici e
sindacali" della sinistra, e termina moralisticamente: "gli obiettori
della crescita, partigiani della costruzione di una società della
decrescita conviviale, serena e sostenibile, sanno fare la distinzione
tra Jospin e Chirac, Schroeder e Merkel, Prodi e Berlusconi, e anche
tra Blair e Thatcher... Quando vanno a votare (ciò che consiglio loro
di fare) sanno che, anche se nessun programma di governo della sinistra
mette in conto la necessaria riduzione della nostra impronta ecologica,
è comunque da quel lato che si trovano i valori di condivisione, di
solidarietà, di eguaglianza e di fratellanza. Questi valori
[idealisticamente intesi, si noti bene!] non si possono fondare sul
massacro della altre specie e sul saccheggio della natura, e conviene
estenderne il beneficio alle generazioni future, E' per questa ragione
che la nostra lotta si colloca risolutamente a sinistra." Bontà sua. La
spiegazione di Latouche non spiega niente: essa si riduce solamente a
propaganda elettorale. Egli chiude con la rassicurazione: vi invito
comunque a votare Prodi anziché Berlusconi, perció non abbiate paura,
sono anch'io di sinistra. La pochezza di queste argomentazioni è
clamorosa.
Riassumendo, alle critiche di chi ritiene che le sue idee siano lontane
dal marxismo, Latouche non risponde poiché non conosce (o comunque non
vuole trattare) i fondamenti della ideologia marxiana, che è
necessariamente una teoria dello SVILUPPO o trasformazione; ed alle
critiche di chi lo definisce di destra, egli ribatte: è vero, c'è anche
un ambientalismo di destra, ma io voto per Prodi. È un po' poco, se
vogliamo davvero riaffermare (rifondare?) un "pensiero forte" per la
sinistra di derivazione marxista.
Per annullare l'iscrizione a questo gruppo, manda una mail all'indirizzo:
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VOCE del Gruppo Atei Materialisti Dialettici
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Questioni della Scienza
a cura di A. Martocchia
CRESCITA, SVILUPPO, E DISONESTÀ INTELLETTUALE
In questa rubrica, nel numero di Novembre 2005, veniva pubblicata una
Lettera ("Crescita e sviluppo, due concetti diversi") che il
sottoscritto aveva inviato a Liberazione (organo del PRC) come
intervento nel dibattito in corso sull'ecologismo. Essa toccava nel
vivo di problemi scottanti, quale quello del rapporto con la grande
borghesia imprenditoriale e con la sua ideologia; essa cercava inoltre
di discriminare, nel patrimonio di idee dell'ecologismo, tra cose utili
e cose inutili per la sinistra. Dicevamo infatti: hanno ragione solo
quelli che, tra gli ambientalisti, sono materialisti; essi hanno
ragione perché, come ha ben spiegato Emiliano Brancaccio, "hanno
compreso, prima e meglio di tutti, che lo sviluppo illimitato del
capitale si inscrive in un orizzonte naturale finito, e che già da
tempo si avvertono i primi, devastanti segnali di impatto tra la
meccanica pervasiva dell'accumulazione capitalistica e i confini
insuperabili del sistema naturale" , al punto che "la plausibilità di
una apocalisse ambientale [è] ormai un dato scientifico
incontrovertibile". Un ragionamento analogo veniva recentemente
sviluppato, con molta serietà, dallo studioso John Bellamy Foster sulla
rivista storica del marxismo statunitense "Monthly Review"
("Organizzare la rivoluzione ecologica" - si veda:
http://www.monthlyreview.org/1005jbf.htm ).
La suddetta Lettera a Liberazione non è mai stata pubblicata. La
ragione è semplice: la linea di maggioranza nel PRC aborrisce
l'ambientalismo marxista, e gli preferisce un ambientalismo idealista,
utopista, da mito del "buon selvaggio", antiprogressista - insomma:
l'ambientalismo reazionario. Certi intellettuali di o vicini a
Rifondazione non sono nemmeno coscienti, io credo, della sbandata
ideologica in cui sono incorsi, e delle sue pesanti implicazioni; altri
- Serge Latouche in testa - marxisti non lo sono stati mai (in nessuna
delle possibili accezioni del termine "marxista"), dunque il problema
per loro non sussiste oppure nemmeno lo capiscono.
Serge Latouche prova goffamente a difendersi dalle accuse che gli
rivolgiamo in un articolo apparso su Liberazione del 10/10/2005: "Ma la
decrescita è di destra o di sinistra?". L'articolo non spiega niente e
non chiarisce niente, perché è impostato male già a partire dal titolo.
Latouche gioca infatti sull'ambiguità e la confusione concettuale
purtroppo prevalente, negli ambienti vicini al PRC, rispetto a concetti
di base quali CRESCITA, SVILUPPO, PROGRESSO, e, appunto, SINISTRA.
***
Ci tocca allora puntualizzare, per l'ennesima volta su queste pagine,
alcune distinzioni concettuali da cui un qualsiasi intellettuale serio
non dovrebbe prescindere. Anche quei "marxisti" che trascurano il
Materialismo Dialettico devono tenere conto del fatto che, in un
contesto di puro e semplice Materialismo Storico, lo SVILUPPO delle
forze produttive è ciò che muove la Storia dell'umanità. Per inciso,
esso è indispensabile, secondo Marx, per creare la base materiale per
la transizione al comunismo. Seppure Marx si fosse al limite sbagliato
rispetto alla transizione al comunismo (ovvero ai suoi tempi e modi)
egli ha avuto tuttavia ragione da vendere dal punto di vista della
teoria della società, cioè rispetto allo sviluppo delle forze
produttive. Sia nel Materialismo Storico (come teoria della società)
che nel più generale Materialismo Dialettico (come teoria filosofica
generale della Natura, che comprende il Materialismo Storico come una
sua derivazione specifica), l'idea di SVILUPPO è al cuore del
ragionamento. La realtà è materiale - cioè: è una unica, tutta
immanente - ed è dialettica - ovvero: procede per contrasti ed
opposizioni, in un continuo movimento ed in un continuo superamento di
se stessa. Questo superamento ("sintesi", in senso Hegeliano) si chiama
SVILUPPO.
Peraltro, anche chi non conoscesse le teorie di Marx, Engels, e dei
loro successori, ma ritenesse comunque di essere persona di SINISTRA,
dovrebbe riconoscere che gli esseri umani vogliono vivere ed hanno
diritto a vivere sempre meglio e più a lungo, e dunque è nella loro
natura "ontologica" il fatto di elaborare sempre nuove soluzioni per i
propri problemi, ed evolvere cosí socialmente, e dunque evolvere nelle
forze produttive - cioè SVILUPPARSI. Peraltro, il fatto che qualcuno
aborrisca ulteriore SVILUPPO è del tutto irrilevante rispetto a dove
poi andrà realmente la società, e quindi la Storia umana. Seppure noi
ci "liberassimo" del concetto, non avremmo risolto, ma semplicemente
omesso, il problema.
La distinzione tra chi crede nella positività/necessità dello SVILUPPO
e chi invece vi si oppone coincide esattamente con la distinzione tra
pensiero progressista e pensiero conservatore-reazionario, ovvero -
nell'accezione più generale possibile - tra SINISTRA e DESTRA. È di
SINISTRA chi considera il cambiamento (SVILUPPO) come un fattore
indispensabile della Storia umana, ed auspica una evoluzione nel senso
(etico) del miglioramento (PROGRESSO).
Riassumendo, possiamo insomma distinguere i vari concetti nel modo
seguente. SVILUPPO indica un movimento intrinseco ed una
trasformazione. Esso può implicare o meno una CRESCITA, ovvero un
aumento quantitativo, a seconda della fase storico-sociale che ci si
trova ad analizzare: al tempo di Marx, le due cose erano accoppiate, e
lo sono ancora in molti dei paesi cosiddetti "in via di sviluppo" o in
specifici settori, ma ciò non è vero sempre ed in tutti i campi. Il
termine PROGRESSO ha invece una valenza etica, indica miglioramento:
anch'esso può esserci o non esserci a seconda della fase storica, può
andare o meno di pari passi con una CRESCITA. Infine, SINISTRA è quella
parte della opinione pubblica che auspica tale miglioramento
(PROGRESSO) attraverso il cambiamento (SVILUPPO).
La sinistra di ideologia marxista può articolare la sua critica al
sistema capitalistico, consumistico ed energivoro, responsabile delle
crisi globali e specialmente di quella, epocale, dei combustibili
fossili, criticandolo dunque per il suo MODELLO DI SVILUPPO, laddove
esso è superato e non implica più alcun PROGRESSO. La critica può
legittimamente essere rivolta al capitalismo in quanto società della
CRESCITA (accumulazione) dissennata; essa può legittimamente essere
rivolta alla CRESCITA senza condannare scioccamente lo SVILUPPO, come è
stato spiegato bene (su Le Monde Diplomatique di Luglio 2004)
nell'articolo "Sviluppo e crescita non sono necessariamente appaiati"
di Jean-Marie Harribey.
***
Latouche usa in maniera opportunistica, e concettualmente confusa, le
categorie di CRESCITA e di SVILUPPO. Su giornali e riviste della
sinistra marxista (come appunto anche nel suddetto articolo apparso su
Liberazione) egli evita furbescamente di usare la parola SVILUPPO
perché sa che rischia di incorrere nella nostra critica, cioè nella
critica dei marxisti: così, per schivare le critiche egli usa il
termine CRESCITA. Ma quando interviene in altre sedi, egli afferma
esplicitamente di essere contrario allo SVILUPPO, marcando così senza
ambiguità la sua differenza e distanza rispetto alle linee di pensiero
di derivazione marxista e progressista.
Nell'articolo suddetto, Latouche conserva tutta l'ambiguità ma non
manca, velenosamente, di scagliarsi contro Engels, che definisce
"imbevuto della concezione positivista e meccanicista della scienza"; e
poi, immancabile, attacca: "l'ecologia russa è stata letteralmente
liquidata da Stalin nei gulag siberiani". Secondo Latouche, nel
marxismo "l'economia capitalista è criticata e denunciata, ma la
crescita delle forze che essa scatena è qualificata come produttiva
(mentre è almeno altrettanto distruttiva)". L'allusione alle parole
testuali di Marx è palese, ma qui esse vengono deformate, allo scopo di
creare deliberatamente confusione tra il termine SVILUPPO ed il termine
CRESCITA, e di deformare il pensiero di Marx.
A questo punto, dopo avere distorto ed offeso il materialismo storico e
dialettico, Latouche riconosce: "esiste, è vero, una critica di destra
della modernità, come esiste un anti-utilitarismo di destra e un
anti-capitalismo di destra... Non c'è ragione, ciò nonostante, di
confondere l'antiproduttivismo di destra e l'antiproduttivismo di
sinistra." Interessante... Ma Latouche non spiega la differenza, e
contribuisce ad alimentare, volutamente, la confusione. Egli dice
infatti: "la nostra concezione della società della decrescita non è né
un impossibile ritorno al passato, né un accomodamento con il
capitalismo, ma un 'superamento' (se possibile pacifico) della
modernità." Ma perché allora non la chiama SVILUPPO ("superamento")? E
che 'superamento' sarebbe, se egli altrove teorizza idealistiche
"società senza economia"? Più che superamento, si direbbe: fuga e
chiusura in ghetti di ispirazione socialista-utopista o
comunitarista-reazionaria.
"Per me, la decrescita è necessariamente contro il capitalismo."
Eccezionale: e allora qual è la differenza tra il suo anti-capitalismo,
che definisce essere "di sinistra", e l'anticapitalismo "di destra"?
Non lo spiega: prosegue con attacchi contro esponenti "politici e
sindacali" della sinistra, e termina moralisticamente: "gli obiettori
della crescita, partigiani della costruzione di una società della
decrescita conviviale, serena e sostenibile, sanno fare la distinzione
tra Jospin e Chirac, Schroeder e Merkel, Prodi e Berlusconi, e anche
tra Blair e Thatcher... Quando vanno a votare (ciò che consiglio loro
di fare) sanno che, anche se nessun programma di governo della sinistra
mette in conto la necessaria riduzione della nostra impronta ecologica,
è comunque da quel lato che si trovano i valori di condivisione, di
solidarietà, di eguaglianza e di fratellanza. Questi valori
[idealisticamente intesi, si noti bene!] non si possono fondare sul
massacro della altre specie e sul saccheggio della natura, e conviene
estenderne il beneficio alle generazioni future, E' per questa ragione
che la nostra lotta si colloca risolutamente a sinistra." Bontà sua. La
spiegazione di Latouche non spiega niente: essa si riduce solamente a
propaganda elettorale. Egli chiude con la rassicurazione: vi invito
comunque a votare Prodi anziché Berlusconi, perció non abbiate paura,
sono anch'io di sinistra. La pochezza di queste argomentazioni è
clamorosa.
Riassumendo, alle critiche di chi ritiene che le sue idee siano lontane
dal marxismo, Latouche non risponde poiché non conosce (o comunque non
vuole trattare) i fondamenti della ideologia marxiana, che è
necessariamente una teoria dello SVILUPPO o trasformazione; ed alle
critiche di chi lo definisce di destra, egli ribatte: è vero, c'è anche
un ambientalismo di destra, ma io voto per Prodi. È un po' poco, se
vogliamo davvero riaffermare (rifondare?) un "pensiero forte" per la
sinistra di derivazione marxista.
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